Con nota prot. 125443/R.U. del 5 gennaio 2018 l’Agenzia delle Dogane fornisce dei chiarimenti relative all’applicazione di sanzioni nel caso in cui merce allo stato estero, scortata da documento di transito “T1”, non venga, per errore o negligenza, tempestivamente presentata alla dogana di destinazione, ma della quale venga invece richiesta, con apposita istanza a posteriori, l’immissione in libera pratica e, in particolare, se alla fattispecie sia applicabile la sanzione di cui all’art. 305, 1° co. o quella di cui all’art. 318 T.U.L.D.
Dopo aver richiamato l’art. 305, 1°co., T.U.L.D, il quale dispone che “Qualora le merci spedite da una dogana all’altra con bolletta di cauzione non vengano presentate alla dogana di destinazione” lo speditore è soggetto alla sanzione amministrativa dal dieci al cento per cento dell’ammontare dei diritti di confine, e l’art. 318 T.U.L.D., il quale punisce “chi omette di fare la dichiarazione prescritta dall’art. 56 nel termine stabilito”, l’Agenzia giunge alla conclusion che nel caso prospettato non è applicabile l’art. 305 T.U.L.D., 1°co., in quanto detta norma deve ritenersi applicabile non al mero ritardo nell’appuramento, ma al caso in cui la merce non sia stata affatto presentata alla dogana di destinazione, per un fatto colposo. Qualora invece fossero ravvisabili gli estremi del comportamento doloso, si sarebbe in presenza di contrabbando. Solo così, infatti, può giustificarsi l’irrogazione di una sanzione a carico (non del destinatario della stessa), ma dello speditore “mittente”. In sostanza, poiché né il destinatario né la merce sono agevolmente reperibili, la legge addossa la sanzione all’ultimo soggetto noto, cioè allo speditore “mittente”.
Né sembra giustificare una conclusione diversa la lettera dell’art. 233, par. 3, del CDU, laddove è previsto l’obbligo di presentazione all’Ufficio di destinazione nel termine prescritto anche a carico dei destinatari o degli spedizionieri delle merci in transito.
Ciò, in primo luogo, perché, in materia di sanzioni, vi è competenza esclusiva degli Stati e l’Unione Europea si limita a prevedere criteri orientativi del potere discrezionale del legislatore interno (art. 42 CDU). In secondo luogo, poi, perché la violazione dell’obbligo previsto dall’art. 233 del CDU giustificherebbe, se applicabile, la solidarietà tra i debitori per i dazi ex art. 84 CDU, ma non potrebbe ritenersi fondante una responsabilità per la sanzione amministrativa che, essendo basata sul criterio di stretta legalità, può irrogarsi esclusivamente al soggetto indicato dalla norma, cioè allo speditore.
In sintesi, dunque, qualora merce allo stato estero, scortata da documento di transito “T1” non venga, per errore o negligenza, tempestivamente presentata alla dogana di destinazione, ma della quale venga invece richiesta, con apposita istanza a posteriori, l’immissione in libera pratica, sarà applicabile la sanzione prevista dall’art. 318 T.U.L.D., e non quella di cui all’art. 305, 1°co., stesso testo normativo.
Infine, la nota rammenta che la disciplina del recupero dei dazi resta esclusivamente stabilita dalla relativa normativa unionale e che entrambe le sanzioni citate nella nota sono soggette alla disciplina del ravvedimento operoso ex art. 13 472/1997, ove ne ricorrano le condizioni.