Con la risposta n. 192/2019, l’Agenzia delle Entrate risponde alla richiesta di chiarimenti posta da un’azienda che a seguito di una verifica fiscale da parte dei militari della Guardia di Finanza riceveva un avviso di pagamento con il quale l’Agenzia delle dogane e monopoli richiedeva il pagamento di una somma a titolo di maggiore IVA in dogana oltre interessi, in ragione di un contestato “uso strumentale del deposito IVA, teso semplicemente a ottenere un vantaggio fiscale derivante dal mancato pagamento dell’Iva all’importazione”. Avverso il predetto avviso di pagamento, l’istante proponeva dapprima ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale e, successivamente, avverso la sentenza sfavorevole di quest’ultima, appello alla Commissione tributaria regionale, la quale si è anch’essa pronunciata in senso sfavorevole all’istante.
All’esito del giudizio di primo grado, l’istante provvedeva, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546, al pagamento a titolo di riscossione provvisoria degli importi accertati dall’Agenzia delle dogane, aderendo ad un piano pluriennale di rateazione delle somme dovute a titolo di IVA all’importazione il quale è, tutt’ora, in corso di esecuzione. In merito, l’istante, in pendenza del giudizio di secondo grado, aveva già presentato interpello alla competente Direzione regionale […], al fine di chiarire se la maggior IVA all’importazione pagata a titolo di riscossione provvisoria potesse essere detratta ai sensi dell’articolo 60, settimo comma del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, ottenendo però parere negativo, stante l’assenza, al momento, di un accertamento divenuto definitivo.
Divenuta definitiva la pretesa tributaria di cui all’avviso di pagamento in esame in ragione del passaggio in giudicato della relativa sentenza, l’istante ha richiesto all’Agenzia delle Entrate dei chiarimenti in merito alla corretta applicazione dell’articolo 60, settimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, per l’esercizio del diritto di detrazione della maggiore imposta accertata. In particolare, nell’istanza di interprello presentata, richiedeva conferma dell’esatta individuazione del dies a quo per l’esercizio della detrazione della maggior IVA all’importazione definitivamente accertata nonché degli adempimenti formali prodromici all’esercizio del diritto alla detrazione. Con riferimento ai pagamenti effettuati entro il 2018, chiedeva, infine, se è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA mediante la dichiarazione annuale relativa al 2018 e, in particolare, tramite la presentazione di una dichiarazione IVA integrativa a favore per il 2018, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 luglio 1998, n. 322.
La soluzione prospettata dall’istante era che egli poteva esercitare il diritto alla detrazione della maggior IVA all’importazione accertata ai sensi dell’articolo 60, settimo comma del d.P.R. n. 633 del 1972, essendo divenuta definitiva, con il passaggio in giudicato della relativa sentenza, la pretesa tributaria di cui all’avviso di pagamento impugnato. In merito all’individuazione del dies a quo per l’esercizio della detrazione, egli affermava che:
– in relazione alla somme già pagate in base al piano di rateazione, il termine biennale stabilito dal citato articolo 60 per l’esercizio del diritto alla detrazione della maggiore imposta accertata decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che rende definitivo l’avviso di accertamento;
– per le somme pagate successivamente al passaggio in giudicato della predetta sentenza, il termine biennale di detrazione decorre dalla data del pagamento degli importi oggetto di rateazione.
In relazione agli adempimenti formali funzionali all’esercizio del diritto alla detrazione, l’istante riteneva di dover predisporre un documento interno, da registrare ai sensi dell’articolo 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, recante il riferimento all’avviso di accertamento, alla sentenza passata in giudicato e alle ricevute di versamento.
Con riferimento ai pagamenti effettuati entro il 2018, l’istante assumeva fosse possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA mediante la dichiarazione annuale relativa al 2018 e, in particolare, tramite la presentazione di una dichiarazione IVA integrativa a favore per il 2018, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 luglio 1998, n. 322.
I chiarimenti dell’Agenzia dell’Entrate in proposito precisano che l’articolo 60, settimo comma, del d.P.R. 633 del 1972, dopo la modifica introdotta con il decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevede che “Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.
Come già chiarito con la risposta n. 176, pubblicata il 31 maggio 2019, la norma consente l’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata a condizione che il cedente/prestatore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’erario. Essa mira a ripristinare, anche nelle ipotesi di accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione consentendo il normale funzionamento dell’IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici.
Ciò premesso, con la circolare n. 35/E del 17 dicembre 2013 l’Agenzia delle entrate, nel rispondere ad una serie di quesiti in ordine all’operatività del citato articolo 60, settimo comma, proprio sul tema, che qui interessa, della “Detrazione dell’IVA liquidata in sede di accertamento di revisione dell’ufficio doganale”, ha avuto modo di chiarire come la norma in esame, sebbene formulata con riferimento alle ordinarie modalità di funzionamento del tributo, in cui l’esercizio della detrazione da parte del cessionario o del committente ha luogo a seguito della rivalsa operata in fattura dal cedente o dal prestatore, trova applicazione anche nelle ipotesi in cui l’imposta relativa agli acquisti non è addebitata al cessionario/committente in via di rivalsa ma è versata direttamente da quest’ultimo, come avviene nelle importazioni. In tali casi, il diritto alla detrazione deve essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui l’importatore, debitore d’imposta, ha provveduto al pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi e cioè “di quanto dovuto sulla base di un accertamento resosi definitivo” (risposta. 3.2).
L’Agenzia evidenzia che un atto può rendersi definitivo, tra l’altro, “a seguito del passaggio in giudicato della sentenza, nell’ipotesi di contestazione, in sede giudiziale, della pretesa dell’amministrazione finanziaria” (risposta 2.1). Nel caso di specie, essendo divenuta definitiva, con il passaggio in giudicato della relativa sentenza, la pretesa tributaria di cui all’avviso di pagamento impugnato, l’Agenzia accoglie la soluzione proposta dall’istante di esercitare il diritto alla detrazione della maggior IVA all’importazione accertata ai sensi dell’articolo 60, settimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, sia con riguardo alle somme pagate, in base al piano di rateazione, a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del giudizio, che infatti diventano detraibili “laddove, in esito al giudizio, l’accertamento si consolidi, con conseguente acquisizione a titolo definitivo, da parte dell’Erario” (risposta 2.2), sia in relazione alle somme pagate successivamente al passaggio in giudicato della predetta sentenza.
Per queste ultime, trattandosi di pagamento rateale dell’imposta definitivamente accertata, il diritto alla detrazione dell’IVA può essere esercitato progressivamente in relazione al pagamento delle singole rate (risposta 2.3).
In merito al quesito afferente all’individuazione del dies a quo per l’esercizio della detrazione, l’Agenzia conviene con l’istante che, in relazione alla somme già pagate in pendenza del giudizio, il termine biennale stabilito dal citato articolo 60 per l’esercizio del diritto alla detrazione della maggiore imposta accertata decorra dal passaggio in giudicato della sentenza che rende definitivo l’avviso di accertamento; per le somme pagate invece successivamente alla intervenuta definitività del giudizio, il termine biennale di detrazione decorre dalla data del pagamento dei singoli importi in base al piano di rateazione.
Con riguardo agli adempimenti prodromici all’esercizio della detrazione, la citata circolare 35, nella risposta 4.2, si sofferma, in modo specifico, su quelli da svolgere nell’ipotesi, come quella in esame dell’importazione, di coincidenza tra debitore e creditore d’imposta.
Al riguardo, il documento rileva come “Sebbene l’articolo 60, settimo comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 non preveda specifici oneri, si ritiene che il contribuente possa predisporre un documento (al quale allegare per completezza l’atto di accertamento e l’attestato di versamento), da registrare ai sensi dell’articolo 25 del DPR n. 633 del 1972, dal quale si evinca l’ammontare dell’imposta versata a seguito di accertamento, nonché il titolo giustificativo della detrazione d’imposta (art. 60, settimo comma del DPR n. 633 del 1972, estremi identificativi dell’accertamento). Tale documento non andrà annotato nel registro di cui all’art. 23 del DPR n. 633 del 1972 e, dunque, non concorrerà alla determinazione dell’Iva dovuta sulle operazioni attive in fase di liquidazione periodica o di dichiarazione annuale”.
Viene in conclusione fornita risposta positiva anche al quesito, posto da ultimo dall’istante, afferente la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA relativa all’anno 2018 anche tramite la presentazione di una dichiarazione IVA integrativa a favore, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, presentata successivamente alla scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione annuale IVA per il 2018. La circolare del 17 gennaio 2018, n. 1, al par. 4 chiarisce infatti, in via generale, come “L’effettività del diritto alla detrazione dell’imposta e il principio di neutralità dell’IVA sono, in ogni caso, garantiti dall’istituto della dichiarazione integrativa di cui all’articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 (c.d. dichiarazione integrativa a favore), con la quale, in linea generale, è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile. Così, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, può recuperare l’imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa di cui all’articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione)”.