Con la circolare 14/D del 12 ottobre 2012, l’Agenzia delle Dogane rende noto un indirizzo interpretativo reso nell’ambito della trattazione di un quesito formulato dall’Unione Petrolifera, in merito agli effetti prodotti in capo al soggetto abilitato dal riscontro analitico di non conformità di un prodotto denaturato.
L’Unione Petrolifera aveva rappresentato che alcune aziende associate eseguono in raffineria operazioni di denaturazione di gasolio usato come combustibile per riscaldamento, con pacchetti denaturanti idonei, che successivamente viene accertato quantitativamente e qualitativamente con prelievo di campioni da parte del verificatore.
Il dubbio riguardava la situazione in cui l’operazione di denaturazione effettuata risulti non conforme perché al di fuori dei margini di tolleranza previsti. E’ stato dunque richiesto di precisare se debba procedersi al recupero di accisa sul cennato prodotto, peraltro immesso in consumo e destinato all’impiego per cui è denaturato, ed all’irrogazione della sanzione di cui all’art.50 del D.Lgs. n.504/95 (Testo Unico Accise).
Dopo un riepilogo del quadro normativo di riferimento (in particolare l’art.24-bis, D.Lgs. n.504/95 che al comma 1, in materia di denaturazione dei prodotti energetici, riserva a determinazioni del Direttore dell’Agenzia delle Dogane il compito di fissare le formule e le modalità di denaturazione dei suindicati prodotti), vengono richiamate la Determinazione n.2228/UD del 28.12.2007 e, per quanto riguarda in maniera specifica la fissazione di margini analitici di tolleranza nella fase transitoria, la circolare n.35/D del 28.12.2007 che ha ammesso in modo uniforme per tutti i prodotti una tolleranza, sulle previste percentuali di denaturazione, del 10% in piu’ o in meno.
Ciò in analogia a quanto già previsto dalla circolare n.5/D del 17.1.2001 recante le istruzioni per la denaturazione del gasolio usato come combustibile per riscaldamento, in vigenza di un’aliquota inferiore a quella prevista per il medesimo prodotto destinato alla carburazione ex art.5, comma 4, del DL n.268/2000 convertito in legge n.354/2000.
Ulteriori istruzioni operative sono contenute, ancora, nelle circolari n.29/D del 4.7.2008 e n.12/D del 29.4.2010.
Così strutturata, la disciplina normativa di esecuzione dell’art.24-bis del D.Lgs. n.504/95, in considerazione anche del nuovo modello delineato dalla citata Determinazione n.2228/UD che pone in capo al soggetto abilitato la responsabilità del regolare svolgimento delle operazioni presso il proprio deposito, viene precisato che l’inosservanza delle prescrizioni dettate per la denaturazione dei prodotti energetici, inclusa la conformità delle sostanze denaturanti alle specifiche quantitative, può integrare un illecito sanzionabile amministrativamente ai sensi dell’art.50, comma 1, del D.Lgs. n.504/95.
Si rileva poi, in via generale, che il recupero dell’accisa determina l’insorgenza di un nuovo debito tributario che, pertanto, va suffragata dalla dimostrazione di elementi e fatti costituivi della maggiore pretesa impositiva.
Nella vicenda ipotizzata, il riscontro della non conformità del prodotto denaturato, sia pure motivato dalla non piena corrispondenza delle sostanze denaturanti alle formulazioni previste, non riveste valore presuntivo idoneo, di per sé solo, a fondare l’afferente accertamento tributario di ulteriore accisa dovuta. A tal proposito, viene richiamata la circostanza che sui pacchetti denaturanti ritenuti idonei dall’Agenzia non è richiesta la verifica sistematica all’atto della distribuzione, anteriormente al loro utilizzo.
Piuttosto, ferme restando le fattispecie tipizzate di esigibilità dell’accisa di cui all’art.2, commi 2 e 3, del D.Lgs. n.504/95, il venir meno dei presupposti per l’applicazione al prodotto denaturato dell’aliquota fissata per il gasolio per riscaldamento potrebbe sostenersi in caso di comprovate condotte realmente offensive dell’interesse fiscale dello Stato, concretizzanti effettive sottrazioni di gettito tributario.