Nel pronunciarsi su domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Finanzgericht München (Causa C-175/12), la Corte di Giustizia dell’UE, decima sezione, con sentenza del 24 ottobre 2013 ha precisato che l’articolo 889, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, come da ultimo modificato dal regolamento (CE) n. 214/2007 della Commissione, del 28 febbraio 2007, deve essere interpretato nel senso che è sempre possibile presentare una domanda di rimborso di dazi qualora un regime tariffario preferenziale sia stato chiesto e concesso all’atto dell’immissione in libera pratica delle merci e solo successivamente, nel quadro di una verifica a posteriori intervenuta dopo la scadenza del regime tariffario preferenziale e il ripristino del dazio normalmente dovuto, le autorità dello Stato di importazione abbiano proceduto alla riscossione della differenza rispetto al dazio doganale applicabile alle merci originarie di paesi terzi.
Gli articoli 16, paragrafo 1, lettera b), e 32 del protocollo n. 1 dell’allegato V dell’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 e approvato a nome della Comunità con la decisione 2003/159/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, devono essere interpretati nel senso che, ove risulti, durante un controllo a posteriori, che sul certificato di circolazione delle merci EUR.1 sia stato apposto un timbro non corrispondente al facsimile trasmesso dalle autorità dello Stato d’esportazione, le autorità doganali dello Stato d’importazione possono rifiutare tale certificato e restituirlo all’importatore per consentirgli di ottenere il rilascio di un certificato a posteriori sulla base dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera b), di tale protocollo invece di avviare la procedura prevista all’articolo 32 di detto protocollo.
Gli articoli 16, paragrafi 4 e 5, e 32 del suddetto protocollo n. 1 vanno interpretati nel senso che le autorità di uno Stato d’importazione non possono rifiutarsi di accettare, in quanto certificato di circolazione delle merci EUR.1 rilasciato a posteriori ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale protocollo, un certificato di circolazione delle merci EUR.1 che, pur essendo conforme in tutti gli altri elementi ai requisiti delle disposizioni del medesimo protocollo, rechi, nella casella «Osservazioni», non la dicitura specificata al paragrafo 4 di tale disposizione, ma una dicitura che, in conclusione, deve essere interpretata nel senso che il certificato di circolazione delle merci EUR.1 è stato rilasciato in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale protocollo. In caso di dubbi relativi all’autenticità di tale documento o al carattere originario dei prodotti interessati, tali autorità sono tenute ad avviare la procedura di controllo prevista all’articolo 32 di detto protocollo.
Allegati:
Corte – 2014 – Causa C175_12 – Domanda di pronuncia – 13.04.2012