L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 71/E del 24 luglio 2014, fornisce una serie di chiarimenti sull’interpretazione dell’art. 41 del D.L. n. 331 del 1993, in materia di cessione intracomunitarie. Recentemente l’Agenzia delle Entrate era già intervenuta sull’argomento con la Risoluzione n, 19/E del 25.03.2013 esponendo nuove soluzioni operative per risolvere il problema della prova delle cessioni intracomunitarie, da sempre problema ostico. Affinché il regime di non imponibilità possa essere riconosciuto in capo al cedente legittimato all’emissione della fattura senza applicazione della imposta, è necessario che lo stesso possa dimostrare l’avvenuto trasferimento delle merci che hanno formato oggetto della transazione ad altro Stato UE.
La prova dell’avvenuto trasferimento è posta a carico del cedente residente, il quale è liberato da ogni responsabilità solo nel caso in cui possa dimostrare (vedasi Cass. sent. 24 maggio 2013, n. 12964) che è stato tratto in inganno (dal cessionario non residente) nonostante avesse adottato le opportune cautele per evitare tale aggiramento.
Con la nuova Risoluzione, viene in particolare affrontato il caso di una società di leasing, proprietaria di imbarcazioni da diporto usate, ormeggiate in diversi porti marittimi e laghi e destinate alla vendita a clienti (soggetti passivi d’imposta e privati consumatori) residenti sia in Italia che al di fuori del territorio italiano (in altri Stati UE o paesi extra-Ue). Se tale società cedesse a titolo oneroso una di tali imbarcazioni da diporto a un soggetto passivo IVA francese, iscritto al VIES fiscalmente domiciliato in Francia, tale operazione si qualificherebbe a tutti gli effetti come una “cessione intracomunitaria”, non imponibile ex 41 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, qualora vengano rispettate alcune condizioni documentali. Qualora invece l’imbarcazione oggetto di vendita sia ormeggiata in un porto italiano e il trasferimento nel territorio francese avvenga a cura del cessionario “via mare” e in via del tutto autonoma, trattandosi di mezzo di trasporto, tale trasferimento in Francia non viene attestato da documento di trasporto (quale il CMR). In tal caso l’Agenzia precisa che l’effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro rappresenta una delle condizioni necessarie per l’applicazione del regime di non imponibilità di cui al citato articolo 41.
In tema di prova della movimentazione del bene dallo Stato di partenza del bene allo Stato di destino, la Direttiva 2006/112/CE non conferisce alcuna indicazione circa la forma e la tipologia della stessa, lasciando invece che siano gli Stati membri a definire ciò nel momento in cui fissano le condizioni e i requisiti per l’applicazione del regime di non imponibilità (cfr. risoluzione n. 19/E del 2013). Poiché nell’ordinamento interno manca una norma che stabilisce espressamente quali documenti sono idonei a dimostrare l’avvenuto trasferimento del bene dall’Italia ad altro Stato membro, l’Amministrazione ha fornito i seguenti chiarimenti:
Può costituire prova idonea dell’uscita del bene dal territorio dello Stato:
- l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario;
- accanto a tale documento non fiscale, corre l’obbligo per il cedente di conservare gli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie (Intrastat), le fatture, la documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie, i contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria (cfr. ris. n. 345/E del 2007);
- nelle ipotesi in cui il cedente non abbia provveduto direttamente al trasporto e non sia in grado pertanto di reperire il documento relativo (ad esempio in caso di cessioni EXW), l’Amministrazione ha stabilito il principio per cui la prova del trasferimento del bene può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro (vedasi la ris. n. 477/E del 2008);
- infine, nella risoluzione n. 19/E del 2013 l’Amministrazione ha evidenziato che il documento di trasporto elettronico è idoneo, al pari di quello cartaceo, a provare l’effettiva uscita del bene dal territorio dello Stato.
Dunque, nel caso di specie, dato che l’imbarcazione viene trasportata via mare a cura del cessionario autonomamente, pertanto non è possibile l’emissione di un documento di trasporto, non è sufficiente provare l’avvenuto trasferimento del bene esclusivamente con la procedura di dismissione della bandiera italiana e con la cancellazione dell’imbarcazione dal registro italiano delle unità da diporto.
È possibile fornire la prova in argomento attraverso l’esibizione della seguente documentazione:
a) fattura di vendita dell’imbarcazione;
b) documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione all’operazione effettuata;
c) contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria;
d) documentazione commerciale che attesti il passaggio di proprietà tra cedente e cessionario;
e) documento da cui risulti la cancellazione da parte del cedente della imbarcazione dal registro italiano;
f) documento da cui risulti la avvenuta iscrizione della imbarcazione nel registro francese;
g) elenco riepilogativo delle operazioni intracomunitarie (Intrastat).
Inoltre, data la natura del bene e la circostanza che l’imbarcazione è trasportata dal cessionario, in aggiunta alla documentazione sopra elencata e in sostituzione del documento di trasporto, occorre fornire anche una dichiarazione da parte del cessionario – corredata da idonea documentazione (es. il contratto di ormeggio stipulato con il porto di destinazione), che attesti di avere condotto l’imbarcazione da un porto italiano ad un porto francese. L’Agenzia infine pone anche l’attenzione sul fatto che l’applicazione del regime di non imponibilità alla cessione dell’imbarcazione, ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331 del 1993, comporta l’obbligo per il cedente di osservare un “comportamento diligente” richiesto in relazione alla operazione posta in essere. Sul punto, infatti, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che “l’amministrazione può esigere che il fornitore adotti tutte le misure necessarie per evitare di partecipare ad una frode fiscale” (sentenza 27 settembre 2007, C-409/04, punto 65). La Corte di Cassazione, seguendo tale orientamento, in tema di dovere di diligenza del cedente, ha stabilito che “mentre può certamente escludersi che il cedente sia tenuto a svolgere attività investigative sulla movimentazione subita dai beni ceduti dopo che gli stessi siano stati consegnati al vettore incaricato dal cessionario – deve invece affermarsi il dovere del cedente di impiegare la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione commerciale e, quindi, di verificare con la diligenza dell’operatore commerciale professionale le caratteristiche di affidabilità della controparte” (sentenza n. 13457 del 27 luglio 2012).
Allegati:Agenzia Entrate – 2014 – Risoluzione – 71E – 24072014