Con la Relazione Speciale del 23 febbraio 2021, la Corte dei Conti europea evidenzia la necessità di facilitare gli scambi, con procedure di importazione più rapide e fluide e la necessità di effettuare controlli doganali, compito cruciale in capo alle autorità degli Stati membri.
Nel campo delle dogane, l’UE gode di competenza esclusiva quanto all’adozione della normativa, mentre gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione di tali norme.
I dazi doganali riscossi nel 2019 sono ammontati a 21,4 miliardi di euro, equivalenti al 13 % delle entrate di bilancio dell’UE.
La Corte sottolinea che, per impedire che venga commessa frode ove il livello dei controlli è minore, gli Stati membri debbano applicare i controlli doganali in modo uniforme. Il Codice Doganale dell’Unione impone, a partire dal 2016, alla Commissione di prendere le misure necessarie per assicurarsi che gli Stati membri applichino i controlli doganali in modo uniforme. Perseguendo detto obiettivo, la Commissione nel 2018 ha adottato la decisione di esecuzione su criteri e norme comuni in materia di rischi finanziari al fine di armonizzare la selezione, da parte degli Stati membri, delle importazioni a fini di controllo. Detta decisione è corredata di orientamenti, approvati dagli Stati membri nel 2019. Questi due documenti (la decisione CRF e gli orientamenti) costituiscono il quadro doganale in materia di rischi finanziari.
Nel suo lavoro di verifica sulla armonizzazione delle dichiarazioni, di cui la relazione in esame è sintesi, La Corte ha anche esaminato le modalità con cui gli Stati membri operano.
L’attuazione della decisione CRF e degli orientamenti rappresenta un passo importante verso l’applicazione uniforme dei controlli doganali. Tuttavia, rileva la Corte, “il quadro non è abbastanza ben concepito da garantire che gli Stati membri selezionino in modo armonizzato i controlli da effettuare sulle dichiarazioni di importazione”.
Per di più, gli Stati membri attuano il quadro in modi diversi. La decisione CRF non definisce bene il concetto di “rischio” e non è dettagliata a sufficienza.
La Corte ha constatato che il quadro non contiene importanti elementi, quali: un’analisi a livello UE, basata su dati tratti da tutte le importazioni nell’UE; idonee tecniche di estrazione dei dati; e metodi idonei a contrastare i rischi finanziari per le importazioni risultanti dal commercio elettronico. In aggiunta, il quadro non prevede meccanismi appropriati per il monitoraggio e il riesame della propria applicazione.
Gli Stati membri hanno iniziato ad attuare il quadro della Commissione stabilendo una corrispondenza tra i criteri che utilizzavano in precedenza per selezionare le importazioni sospette (“profili di rischio”) e i corrispondenti criteri contenuti nella decisione. Tuttavia, per gli Stati membri visitati, l’attuazione della decisione CRF non ha condotto a significative modifiche delle procedure adottate per selezione dei controlli. La Corte ha constatato che gli Stati membri non interpretavano le segnalazioni di rischio nello stesso modo: venivano quindi applicati criteri diversi. Ha anche rilevato che gli Stati membri condividevano pochissime informazioni sugli importatori ritenuti rischiosi. Ciò ostacola l’efficacia e l’armonizzazione delle procedure di selezione a fini di controllo.
Ogni Stato membro può ridurre il numero di controlli raccomandati a seguito dell’analisi dei rischi da esso effettuata ad un livello realistico in termini di fattibilità in base alle risorse. La Corte ha osservato che gli Stati membri non applicavano procedure simili per ridurre il numero dei controlli, e di conseguenza le pratiche adottate a livello nazionale per ovviare a rischi simili erano diverse. Ha inoltre constatato che gli Stati membri non sottoponevano tutte le dichiarazioni ad una analisi automatizzata dei rischi, come invece prescritto dalla decisione CRF.
In conclusione la Corte raccomanda alla Commissione di rafforzare l’uniformità dei controlli doganali e sviluppare un’analisi a tutto campo e una effettiva capacità di coordinamento a livello UE.