Con risposta n.301 ad istanza d’interpello d’una società lussemburghese, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’assolvimento dell’Iva in inversione contabile.

La società conteggiava correttamente senza l’addebito dell’Iva, le cessioni di beni imponibili in Italia a clienti soggetti passivi con stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Tali clienti dispensavano l’imposta in reverse charge, contabilizzando Iva a debito e a credito: ma coloro che effettuavano gli acquisti non avevano una stabile organizzazione in Italia e avrebbero dovuto addebitare il tributo in rivalsa. La società lussemburghese conseguentemente chiede all’Agenzia come regolarizzare la propria posizione fiscale in Italia attraverso l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

L’Agenzia delle Entrate ha ripercorso il quadro normativo di riferimento sulle cessioni domestiche di beni destinati a soggetti non stabiliti in Italia, fatturate utilizzando la partita Iva italiana, ricordando che, come specificato già nella circolare 16/2017, “il cessionario o committente ha il diritto alla detrazione dell’imposta assolta irregolarmente con l’inversione contabile, mentre il cedente o prestatore – seppur debitore dell’imposta – non è obbligato all’assolvimento della stessa, ma è punito con la sanzione in misura fissa stabilita da un minimo di 250 euro a un massimo di 10.000 euro”.

Secondo l’Agenzia, dunque, il comportamento tenuto da cedente e cessionari resta definito, dovendosi applicare la sola sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro, senza effetti sull’applicazione e sulla detraibilità dell’Imposta.